martedì 3 marzo 2009

Glozel, uno scandalo che non finisce mai

dae Gigi Sanna

Se si è arrivati ad un vero e proprio scandalo, come ognuno avrà notato da questo Blog, a proposito dell’atteggiamento di una certa ‘parte’ dell’archeologia (parte dico: chè io non sono solito fare di ogni erba un fascio) e di una certa (dico ‘certa’) Sovrintendenza sulla documentazione scritta nuragica, uno scandalo ancora maggiore, stante la incredibile durata di esso, è quello dell’Accademia scientifica (con aggiunta delle maggiori istituzioni culturali francesi, comprese quelle museali) sul caso Glozel. Qui si toccano davvero le vette dell’assurdo, tanto da screditare, a causa di una enorme macchia che imbratta irreparabilmente pagine
Tavoletta Glozel

Tavoletta opistrografa (scritta su due facce) di Glozel

immacolate, un intero sistema di ricerca che pure, in campo storico, archeologico e linguistico, ha dato nel tempo delle altissime prove di serietà e di obiettività impareggiabili. E non c’è bisogno di parlarne perché dovrei parlare delle opere dei mostri sacri francesi della scienza mondiale del secolo scorso.
Tutti ormai sanno, tutti sappiamo. Più commissioni d’Inchiesta (salvo quella iniziale truffaldina, addomesticata e pilotata anche da spregevoli personaggi del mondo scientifico, ripetutamente condannati come tali dai tribunali di Cusset, Riom e di Parigi), hanno appurato che gli oggetti (tutti gli oggetti) di Glozel trovati nel Campo dei Morti della Fattoria dei Fradin in Francia, sono autentici. Enigmatici sì, ma autenticissimi. Non ci sono più dubbi.
L’ormai ultracentenario Emile Fradin è stato sempre un supergalantuomo e non ci sono più ombre sulla genuinità di quanto è stato, in dieci e più anni, rinvenuto nel suo terreno agricolo. I suoi detrattori non solo sono morti da tempo ma anche nel tempo. Forse un destino benigno e non sempre avverso gli ha concesso di raggiungere l’età che ha (103 anni), per gridare e testimoniare sino alla fine, a tutto il mondo, quasi sino all’ultimo respiro, che se è vero che esiste una vera Scienza, disinteressata e lungimirante ne esiste anche un’altra, mostruosamente egoistica e cieca, che in alveo scientifico in maniera subdola nasce, si sviluppa e prospera.
Una figlia snaturata che nessuno vorrebbe, ma che c’è: arruffona, superficiale, bugiarda, intrigante, prepotente, infingarda, negazionista. Legata spesso, ma solo per miseri contratti di dottorato e di ricerca servile, ai dogmi di una chiesa di pochissimi ‘eletti’, che di essi si avvalgono per vincolare i molti, per far sì che nulla si muova, che tutto il nuovo muoia nell’istante stesso in cui lo si propone. Mi verrebbe la voglia di riproporre Fromm e i filosofi della Scuola di Francoforte, quelli che non è un caso che abbiamo letto e riletto negli anni settanta, quando per noi allora contavano (e come contavano!) le diverse modalità dell’Avere e dell’Essere. Contava la ‘superba’ bellezza dell’essere vitali, critici, dinamici, propositivi, diffferenti.
Contava la voglia folle di amare, di sostituirci ai preti burocrati e altaristi, di esistere ‘con’ gli altri e per gli altri, e di essere genuini, autentici, in sintonia con l’universo che è vivo e bello perché si muove e continuamente si propone e ripropone ( e detto ‘en passant’, dal momento che mi fai vibrare certe corde con i tuoi bei post, caro Gianfranco, non era un caso che in quegli anni di genuino ‘movimento’, di vero ‘essere’, si siano poste non solo le fondamenta per la fondazione del Partito Sardo/Partidu Sardu più bello della sua storia ma anche per il sardismo ‘con coscienza di sé, attualmente…’diffuso’).
Ma oggi vedo che in Europa e nel mondo Fromm è giudicato un barbone del passato, uno straccio vecchio e vanamente proponibile: perché tutti agiscono secondo le ‘modalità dell’Avere’, cioè secondo le modalità
Glozel

Un altro reperto di Glozel

dell’egoismo e della inautenticità più assoluti; persino là dove proprio non dovrebbero albergare, ovvero in ambito scientifico. Infatti la Scienza francese sa ma tace; e quando si degna di aprir bocca è solo per dire, con odiosa supponenza (che purtroppo esiste in tutte le latitudini), che per loro il caso Glozel non esiste. Anzi per la scienza francese, si afferma, il caso non è mai esistito.
Ma per capire sino in fondo a quale aberrante comportamento sia giunto un certo sistema universitario ‘chiuso’ e ‘paralizzante’ (chi vuol far carriera stia attento: non la macchi, anche solo pronunciando il nome Glozel!) valga la mia piccola esperienza in Francia, nella famosa Università di Lettere di Aix - en - Provence. Invitato, per interessamento del giornalista archeologo Pier Guy Vancis Stephanopulos, residente allora a Parigi, a tenere una conferenza sul ritrovamento della scrittura nuragica (in particolare quella delle tavolette di Tzricotu di Cabras), dissi che avrei parlato volentieri di documenti nuragici scritti ma anche di quelli glozeliani dal momento che, stando almeno alle risultanze dei miei studi, le due scritture per tipologia e per contenuti mostravano stupefacenti ma indiscutibili - perché facilmente dimostrabili - analogie. La risposta degli studiosi dell’Università fu però secca.
Per il ‘nuragico’ ogni apertura da parte della Facoltà (tanto da offrirmi a disposizione, eccezionalmente, un tempo di ben cinque ore), ma per il ‘glozeliano’ ogni chiusura, neppure un minuto di intervento. Perché avrei solo infastidito chi ormai da tempo, da tanto tempo, di Glozel non ne voleva proprio sentire. Praticamente: prendere così o lasciare. Stavo per rinunciare alla Conferenza quando mi venne in mente l’idea di parlare ‘comunque’ di Glozel, ma senza che né i docenti dell’istituto né gli studenti (la Conferenza era estesa anche a loro) se ne avvedessero. E infatti, quando arrivò il momento, dopo aver mostrato e commentato i documenti sardi, pregai loro di seguirmi su una certa argomentazione riguardante un oggetto ‘misterioso’ (era invece un noto oggetto della collezione del museo di Glozel, pubblicato nel Corpus des Inscriptions di Glozel del dott. Antonin Morlet) che poteva ‘anche supporsi’ (così dissi) rinvenuto nelle loro campagne (di Aix).
Detta argomentazione fu seguita, con vivissima partecipazione e interesse, sia sul piano epigrafico sia su quello dei contenuti; in particolare da J. Naudeau, docente di Storia delle Religioni orientali, esperto di fama mondiale. Quando però fu il momento, interruppi la finzione dicendo che l’oggetto era non di Aix ma di Glozel e chiesi subito scusa per non aver rispettato i patti. Sorse allora un silenzio per me (e per gli amici e collaboratori, ignari del ‘trucco’, che mi avevano seguito in quella trasferta) interminabile che fu però interrotto dal riso, o meglio, dal sorriso benevolo di professori e studenti; tanto benevolo che mi fu concesso di portare sino alla fine l’assunto sulla scrittura di Glozel, quello che avevo appena iniziato a sviluppare con il primo documento.
Così quando giunsi al commento dell’Apollino ‘chasseur’ del Museo (del quale parlai poi in una apposita Conferenza Internazionale tenuta a Cagliari nel 2005), spiegando che dalla evidente ’acrofonia iconografica contenuta nella statuina (lupo, pugnale, collana, punta di freccia, ecc.) non poteva che trattarsi del Lossia Cacciatore (quindi della più antica immagine di Apollo del Santuario di Pito), uno degli studiosi (un assiriologo oggi diventato mio carissimo amico) si è alzato per dire, alla luce di quella e delle altre prove, che il caso Glozel andava riaperto. Senza indugi.
Conoscendolo oggi molto bene credo che abbia fatto di tutto per parlarne e per discuterne con altri studiosi, soprattutto della Facoltà di Aix e di Lyon; ma conoscendo ancora di più la protervia e la ‘resistenza’ ormai quasi secolare degli avversari storici di Glozel, credo che quel suo generoso tentativo non sia, per ora, approdato proprio a nulla. Anzi forse gli avrà procurato non pochi fastidi, soprattutto se avrà fatto leva sulla mia misera ‘autorità’. I dogmi, si sa, sono dogmi. Fasulli sempre, per definizione scientifica, come tutti i dogmi. Ma ci sono, vivono e prosperano al riparo di ogni scandalo perché nessuna contraddizione li sfiora mai, santi come sono. Comunque, se questo ci può consolare, restano sempre uno scandalo. Nella bocca di tutti e, forse, anche nella coscienza di chi li sostiene.

http://gianfrancopintore.net

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